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All moving - Un pallone può cambiare la vita

Molti i casi di successo nell’integrazione di disabili e giovani in difficoltà attraverso lo sport presentati a “All moving” a Riva del Garda. Rimangono molte criticità ancora da risolvere: campi da gioco inaccessibili, mancanza di rete tra organizzazioni, figure tecniche da formare. L’appuntamento continua domani.

“Lo sport agonistico è lontano dai problemi quotidiani che tante persone devono superare anche a causa delle infrastrutture in cui viene praticato che non rendono possibile l’accesso a tutti” ha affermato Giuseppe Cormio (foto), General manager di Trentino Volley, nel seminario “Cooperare per uno sport che include” che ha aperto questa mattina la seconda giornata su sport e integrazione a Riva del Garda. “L’attività sportiva, e anche il tifo – ha continuato Cormio – hanno però molte potenzialità inclusive”. Lo dimostrano, ad esempio, i dati presentati da Brice Bonjour, Chief Executive Officer dell’Homeless World Cup: 75% delle

persone che hanno partecipato al Campionato mondiale dei senza tetto hanno poi iniziato un percorso di reinserimento nella società che ha avuto esiti positivi. “Il calcio – ha confermato infatti Carlo Balestri, coordinatore dei Mondiali Antirazzisti - è un linguaggio universale che sovverte le gerarchie, fa comunicare anche chi parla lingue diverse. All’ultima edizione della nostra manifestazione hanno partecipato 204 squadre provenienti da tutto il mondo composte da giovani ultras, migranti, rom e ragazzi disagiati”.
Ha portato la sua testimonianza di atleta disabile Andrea Mazzucchi, affetto da sindrome spastica, che ha parlato del desiderio di sentirsi parte della società e del significato che ha acquistato per lui lo sport: “Mi sono chiesto molte volte da cosa derivasse la mia determinazione. La spiegazione è che chi parte più indietro deve percorrere molta più strada per arrivare dove vuole. Il sogno di raggiungere l’inclusione, l’accettazione è più lontano o più forte rispetto alle altre persone.”

D’accordo sulle potenzialità dello sport per disabili e giovani in difficoltà Alessandro Palazzotti (foto), fondatore di Special Olympics Italia: “Lo sport fa bene al corpo e nutre anche la mente, ma gli obiettivi non devono essere quelli di tipo agonistico. Bisogna includere le persone, accettarle dal momento in cui nascono. Dobbiamo pensare a una società in cui “sport per tutti” significa che ragazzi, disabili e non, giocano insieme, ciascuno con il suo nome senza etichette”. Per farlo, però, serve una rete tra le organizzazioni sportive e quelle del mondo sociale, come ha ricordato Cristian Aiardi, coordinatore di “All Moving”. Un

bisogno rilevato anche da Donatella Donati, docente di Scienze Motorie all’Università di Verona a cui dovrebbero rispondere anche gli enti di ricerca universitaria. La mancanza del loro coinvolgimento è dovuto a un problema culturale italiano presente anche nella formazione degli allenatori che non vede implicate le facoltà universitarie. Tutti i relatori hanno più volte rilevato, anche attraverso casi pratici, la necessità di unire alle competenze tecniche sportive quelle umane e relazionali.
Domani, sabato 5 dicembre, gli appuntamenti continueranno con seminari sui temi “Sport e disabilità” e “Turismo sportivo accessibile” con, tra gli altri, la campionessa di sci Melania Corradini e Roberto Vitali, Presidente di Village for All. Nel pomeriggio prove pratiche per tutti di baskin, scherma in carrozzina ed altri sport.

“All moving – Sport e inclusione” è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Cooperazione Trentina in partnership con il consorzio di cooperative sociali Con.Solida., UISP (Unione Italiana Sport per Tutti) Trentino, Special Olympics, CSI (Centro Sportivo Italiano) Trentino e la cooperativa sociale Archè.

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