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Divisione Regionale 1

Il Prof dice addio al basket trentino

Il "Prof" lascia il basket regionale. Alberto Comparini, classe 1988 play-guardia di 192 cm dei Night Owls per tre stagioni, lascia la regione per motivi di lavoro e di conseguenza non calcherà più ufficialmente i parquet nostrani. Dopo gli studi classici e umanistici nella sua città natale, Genova successivamente si iscrive all'università di Stanford in California. Ha giocato nell'Athletic Genova per poi ritrovarsi un po' per caso alla corte dei Night Owls di Trento. La pallacanestro, i libri e la scrittura sono letteralmente tutta la sua vita, anche se prima o poi dovranno diventare un hobby, anche se di questo non è ancora convinto.
308 punti nell’ultima stagione, 19 presenze e un best di 25 nella sua partita migliore. Terzo nella classifica generale dei marcatori nei tiri liberi, 100 canestri, dietro soltanto a Erik Norbert Czumbel e Federico Bailoni. Il basket regionale, con la nuova stagione sarà orfano di un giocatore bravo, preparato dal punto di vista culturale e atletico, istrionico ma soprattutto un personaggio carismatico, sia in campo che fuori.

Alberto, cosa ti ha portato a giocare in Trentino per tre stagioni vestendo la maglia dei Night Owls?

«In tempi non sospetti, insegnavo alla Freie Universität di Berlino – era il 2020, poco prima della pandemia quando nessuno sapeva cosa fosse una pandemia, e un giorno di febbraio mi arriva la notifica che il 2 marzo avrei preso servizio presso l’Università degli Studi di Trento come ricercatore in Critica letteraria e letterature comparate. Come prima cosa cercai subito su Google “basket a Trento” e tra le varie opzioni mi uscì un link facebook dei Night Owls. Una volta superata la prima ondata del Covid-19, la fine di una relazione particolarmente inutile e infelice, e il trasferimento a Trento, tra maggio e giugno del 2021 iniziò la mia avventura con i Night Owls.»

Quali sono state le tue esperienze di gioco prima di arrivare in Trentino?

«Questa è una domanda difficile. Ho giocato seriamente a basket fino ai 16/17 anni, a Genova, arrivando in C1; in quella frazione di tempo ci fu la possibilità, poi rimandata di un anno per motivi di studio (ai tempi non ero un ottimo studente), di iniziare una vita da professionista fuori dalla Liguria, ma la vita poi prese una piega diversa (in realtà fu una curva, in moto, a cambiare tutto), e il basket fu sospeso (inizialmente) per due anni; dopo il lungo stop, in maniera molto inaspettata tornai temporaneamente a giocare, in C2, ma in realtà non (mi) ripresi mai del tutto, e decisi (anzi fui costretto) a smettere.»

Tutti ti chiamano il “Prof”, da dove deriva questo soprannome?

«Finito il dottorato negli Stati Uniti, prima di trasferirmi a Berlino, ho insegnato all’Università degli Studi di Verona. Una mia amica allenava a Peschiera del Garda e mi chiese se fossi interessato a unirmi a quel gruppo meraviglioso di ragazzi che nel giro di un anno avrebbe vinto la serie D del Veneto. Al primo allenamento mi presentai ai miei nuovi compagni di squadra e ora amici per la vita, e per tutti sono diventato il “Prof”.»

Sappiamo che nella prossima stagione non sarai più nella nostra regione, ci vuoi parlare della tua prossima avventura?

«Da settembre vivrò a Bergamo, la cui offerta cestistica è tanto varia quanto limitata (almeno per me): ci sono due squadre in serie B interregionale, alcune serie C nella provincia di Bergamo, una squadra in DR1, e poi c’è un sottobosco di squadre minori indecifrabile. Qualcosa si sta muovendo, ma al momento non c’è nulla di ufficiale o ufficioso.»

Tu sei uno dei giocatori che ha visto la transizione della serie D trentina nella nuova DR1, con un campionato con un numero sempre più prevalente di formazioni venete. A tuo avviso, questa cosa alla lunga ha danneggiato le compagini regionali?

«Sulla carta, per come è finita questa stagione, il nuovo formato ha ‘danneggiato’ le squadre trentine. Ciò detto, sono dell’idea che l’innalzamento del livello ha portato / costretto ogni società a programmare diversamente i propri piani sportivi. Va da sé che cambiamenti di questo genere, quando sono così repentini, portano risultati solo sul lungo termine, provocando, come quest’anno, risultati spiacevoli on paper (i.e.: la retrocessione per Bolzano, Gardolo, Night Owls). Eppure, Rovereto continua a crescere (tre anni fa finirono quarti nella D trentina, e quest’anno sono arrivati secondi in DR1); dopo un’annata difficile, Riva del Garda è già corsa ai ripari, costruendo una squadra molto forte per la nuova stagione; Valsugana l’anno scorso finì in DR2, mentre quest’anno ha dominato in lungo e in largo, vincendo il campionato e salendo di categoria. Insomma, la realtà è ben più variegata di quello che il campo dice, e per quel che ho avvertito c’è una volontà, forse in parte troppo tacita, di crescere in tutte le società trentine – starà a loro scegliere come e quando (e se) farlo.»

Quale sarà a tuo avviso il futuro del basket regionale del Trentino-Alto Adige?

«In parte ho già risposto nella domanda precedente. In tre anni il movimento è cresciuto, con gli alti e bassi che caratterizzano ogni realtà sportiva (locale, regionale, nazionale). Se ci sarà maggiore sinergia e collaborazione tra le società, il futuro del basket regionale del Trentino-Alto Adige sarà positivo (le risorse, economiche, non mancano). Sono perfettamente consapevole che la questione Aquila Basket è un argomento polarizzante, e io mi ci pongo così: se non ci fosse l’Aquila, cioè una squadra di serie A con un settore giovanile di altissimo livello, il futuro del basket trentino sarebbe estremamente limitato: chi gioca e si forma qui avrebbe come massima aspirazione la DR1, o una C a Bolzano. Diversamente, ci sono sia la serie A, sia i campionati di eccellenza, che in un modo o nell’altro alzano l’asticella complessiva dello sport e della sua gestione extra Aquila. C’è molto da fare, ma questa mi sembra un’ottima base di partenza che non tutte le regioni ‘piccole’ si possono permettere (penso alla mia Liguria, per esempio), e sarà compito di chi sta ai piani alti della Federazione riuscire a rendere più forte il movimento cestistico trentino proprio a partire da questo zoccolo duro. Certo, ci vogliono più squadre in DR1 e, probabilmente, almeno un’altra squadra in serie C – ma questa è un’altra questione.»

Dalla tua festa di addio al basket trentino in una nota pizzeria della collina est di Trento, con presenti giocatori di molte società, sappiamo che sei un personaggio apprezzato umanamente oltre che in campo. Che ricordi ti porterai dal triennio passato nella nostra regione e quali tuoi colleghi ti mancheranno maggiormente?

«In questo triennio a Trento ho ritrovato una parte di me che avevo abbandonato malamente in un’altra vita; non è stato e tuttora non è per niente facile convivere con questa ombra riemersa dal passato, ma la sensazione di unità, e bellezza, che ho provato tornando a giocare, è qualcosa di molto speciale – e che per forza di cose è legato a Trento e a tutte quelle persone che ho incontrato sui campi da basket che sono state in grado di aspettarmi (non sono una persona semplice, nemmeno per me) mentre cercavo di capire chi fossi, di nuovo, in campo. A Bergamo mi porterò questa immagine quasi unita, e non più sbiadita, di me, e l’affetto di chi ha saputo capire e aspettare.»

Vuoi dirci altro per lasciarci?

«Due cose, più una: la mia famiglia si è commossa vedendomi giocare di nuovo a basket contro Riva del Garda in una improbabile diretta Youtube; la mia ragazza mi ha conosciuto a un convegno a Trento, ma mi ha visto, davvero, vedendomi giocare con la maglia dei Gufi. Questo, per dire a tutti grazie, e che il basket is more than a game. #ProfOut»

Autore
Sandro Botto
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