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L’intervista per Natale a Filippo Baldi Rossi

Alla vigilia di Natale e della importante sfida contro Venezia, abbiamo incontrato Filippo Baldi Rossi, il quale viene da due prove esaltanti che lo hanno rilanciato fra i protagonisti della Dolomiti Energia Aquila Basket. Oltre ad essere un ottimo giocatore, chi ha avuto la possibilità di parlargli sa che è un ragazzo disponibilissimo e di rara gentilezza e umanità.  

Filippo, vieni da due partite importanti, dove il tuo apporto è stato fondamentale e sei andato in doppia cifra. In alcune partite precedenti però non era andata così bene, cosa è successo?
«Sinceramente non è successo niente di che, stavo lavorando forte per cercare di recuperare il livello che avevo raggiunto nella scorsa stagione. Credo che il lavoro duro fatto durante la settimana paghi e quindi ci do dentro molto con gli allenamenti e credo che i risultati siano finalmente giunti».

Com’è la Serie A rispetto alla Legadue giocata nella scorsa stagione?
«Cambia molto, perché hai molto meno tempo per compiere una scelta, che sia un passaggio o un tiro. È aumentata molto la fisicità sotto i canestri per i lunghi, anche perché ogni squadra può avere più americani e di conseguenza è aumentata la lotta sotto canestro. Il ritmo della partita è pazzesco rispetto alla Legadue, non c’è nemmeno confronto, molto più veloce».

Ora che abbiamo rotto il ghiaccio, vogliamo chiederti delle tue origini cestistiche, come hai iniziato e dove?
«Ho iniziato a giocare a basket relativamente tardi, a dieci, undici anni. Prima giocavo a calcio con il ruolo di attaccante. Ho cominciato seguendo i miei amici nell’Anzola Basket, squadra della mia zona da dove vengo. Lì sono rimasto per tre stagioni, quando mi sono arrivate le proposte della Virtus Bologna e della Fortitudo. Su consiglio dei dirigenti dell’Anzola , scelsi di andare a Bologna, in quanto più attrezzata nel gestire le giovanili. Lì ho fatto la gavetta come tutti, poi sono andato a Perugia per due anni, un anno a Torino e poi l’anno scorso sono approdato a Trento».

Come ti trovi all'ombra del Bondone?
«Molto bene, già dall’anno scorso sono riuscito a ritagliarmi un bello spazio sul campo. Le persone qua sono super, sono molto affiatate con i giocatori, quindi ho instaurato un ottimo rapporto con loro e penso che questo possa proseguire, visto anche che ora ho iniziato a giocare come vorrei».

Come si spiega questo legame indissolubile nei confronti del numero 8, che avevi sulla maglia sino alla scorsa stagione?
«Io un po’ nei numeri ci credo. Ho indossato l'8 i primi due anni fuori da casa, anche gli anni nelle giovanili della Virtus Bologna sempre con l’otto. Sono sempre andato bene, prima a Torino e poi qui ho vinto due campionati di seguito e mi ci sono affezionato».

Quindi ora è dura visto che non lo hai più sulle spalle questo numero?
«All’inizio ho sofferto un po’, c’ero molto affezionato, tutti qui a Trento mi vedevano con il numero otto e mi dicono ancora che per loro sono il loro numero otto e questo mi fa piacere, ma il numero è solo un numero e quindi una cosa relativa».

Allora non c’è nessun tipo di riferimento a qualche campione del passato?
«Assolutamente no, una mia forma di scaramanzia ed abitudine a vestire quel numero».

Giunti a questo punto del campionato avete incrociato quasi tutte le squadre del campionato, quale di quelle già incontrate ti ha fatto più impressione?
«Milano credo sia la squadra più completa. Ha un roster fortissimo e soprattutto molto lungo. Nessuna squadra ha una panchina così attrezzata, ci son squadre con il quintetto molto forte, ma Milano ha un organico di eccellenza. Mi ha fatto un ottima impressione Reggio Emilia, anche senza americani è una squadra fortissima e pure Sassari è una ottima squadra, anche se sta pagando molto il doppio impegno nelle coppe europee, alle quali non era abituata. Queste tre insomma».

Sei rimasto stupito del risultato contro Sassari?
«Si, certo. Pensavo che fosse venuta qui come una schiacciasassi e andasse in giro per l’Italia a dare a tutti 100 punti, ma tre giorni prima aveva giocato contro il Real Madrid in una partita molto dispendiosa. Penso che siamo stati bravi noi, senza nulla togliere a loro. di certo non mi aspettavo quel risultato».
 
Cosa ne pensi dei nuovi acquisti di questa stagione fatti dall’Aquila Basket soprattutto nei confronti dei giocatori americani? 
«Mi hanno impressionato, non solo in campo, sono cinque ottimi giocatori. Non solo in campo, sono delle ottime persone, avevo già avuto a che fare con degli americani, ma spesso si distaccano dalla squadra perché vivono in un loro mondo. Questi no, sono super, a livello umano è nato un bel rapporto, con loro siamo riusciti a fare un grandissimo spogliatoio».

Com’è la vita da giocatore di basket professionista? Ci parli di orari e impegni?
«È una vitadfatta di sacrifici. Ci si sveglia presto la mattina, perché in serie A si va in palestra due volte al giorno. Alla mattina, due volte alla settimana è prevista una seduta di pesi, seguita da una seduta tecnica con Buscaglia e Cavazzana. C’è un altro impegno di mattina, che sarebbe facoltativo, ma al quale tutti partecipano, per migliorare i propri fondamentali, specie dove siamo carenti. Al pomeriggio cambiano gli orari, ma tutti i giorni abbiamo qualche cosa».

Quante partite di basket guardi in una settimana, specie degli avversari?
«Cerco di seguire il campionato dove gioco, anche se in tv non si vede tutto. Mi informo su statistiche e cosa fanno gli altri. L’assistente di Maurizio poi ci fornisce materiale video e informazioni sugli avversari. Guardo molto l’Eurolega».

Ad inizio stagione avresti pensato a questa classifica, oppure ritenevi che Trento, da matricola, potesse rimanere invischiata nelle parti basse della classifica a lottare con Caserta e Pesaro per guadagnare i punticini per una salvezza, che appare ormai vicinissima?
«Sicuramente non mi sarei aspettato di essere a questo livello. Vari i motivi, non sapevo com’erano i nuovi acquisti americani, ma soprattutto non sapevo che apporto avremmo potuto dare noi italiani a questa squadra. Non mi aspettavo di certo di affrontare un campionato così, ma come dice il coach, siamo una matricola e dobbiamo stare con i piedi per terra e giocare partita per partita. Di certo non mi aspettavo di essere nella parte alta della classifica».

Ad inizio campionato non avevi paura che tu e gli altri italiani, con l’arrivo di cinque americani, sareste rimasti semplicemente in panchina a fare solo qualche cambio?
«Sinceramente no, eravamo tutti carichi per affrontare questa avventura. Certo sapevamo che i  minutaggi si sarebbero accorciati rispetto allo scorso anno, quando avevamo una rotazione breve. Paura di non giocare no, il coach ci ha detto che ci sarebbe stato spazio per tutti».

Nei tuoi sogni che squadra c’è, quando eri ragazzino in quale avresti voluto giocare?
«Al tempo sicuramente la Virtus Bologna. Ora non è più la leggenda di una volta, anche se i titoli restano. Certo se tornasse ai livelli di una volta, mi piacerebbe tornarci, lì ho mosso i miei primi veri passi a livello importante».
 
Torniamo indietro con il tempo: come mai hai abbandonato il calcio per il basket?
«Io ero innamorato del calcio, non volevo cambiare sport, ma sono stato obbligato da mia madre, perché avevo sempre problemi di salute, mal di gola e malanni di questo tipo. Dopo tre anni mia madre mi ha costretto a scegliere uno sport al chiuso, da me in inverno faceva troppo freddo e così scelsi il basket».

Non eri un po’ troppo alto per il calcio, non si sono mai visti calciatori di due metri?
«Sì, è vero, al massimo qualche portiere un po’ alto sopra la media. Io ero fuori media, con la mia altezza si facevano due giocatori di calcio».

A livello personale ti trovi bene a Trento?
«Direi di si, molto bene. A Trento ho trovato anche la ragazza e meglio non poteva andare. Ho un ottimo rapporto con pubblico e società, quindi va benissimo». 

Nelle tue aspettative, quale sarà la posizione finale a fine campionato dell’Aquila Basket?
«Penso fra le prime quattro, credo che sarebbe un bel coronamento del lavoro fatto. Sarebbe bellissimo».
 
Non abbiamo più notizie del tuo rapporto con la nazionale, hai qualche news da darci?
«Aspettative ce ne sono da parte mia, mi piacerebbe fare parte della nazionale. Con la sperimentale ogni tanto ricevo qualche convocazione, due, tre volte l’anno a Roma e si parla di progetti, ci si allena. Poi quest’anno ho partecipato alla tournee della nazionale in Cina per quindici giorni». 

Qualcuno, più di uno, sostiene che un tuo compagno di squadra sia praticamente immarcabile, stiamo parlando di Pascolo. Tu che ci giochi e ti alleni assieme, cosa ne pensi?
«Penso che sia veramente immarcabile. Purtroppo quest’anno siamo nello stesso ruolo e quando ci alleniamo devo marcarlo e divento davvero matto a stargli dietro, mi fa diventare pazzo».

Triche nella scorsa stagione disse che Pascolo se non fosse stato così leggero, forse avrebbe potuto giocare in NBA, tu sei dello stesso avviso?
«Forse Triche ha più occhio di me verso il campionato americano. Penso che Dada già in serie A stia facendo una bella figura. Credo che nel giro di poco tempo potrà giocare in una squadra che partecipa alle coppe europee. Sembra fragile, ma non soffre molto in difesa e in attacco sembra che ne siano cinque di lui in contemporanea».

Abbiamo nominato Triche, avete sofferto la sua partenza?
«Brandon aveva un ottimo rapporto con ognuno di noi. Aveva incontrato qualche difficoltà all’inizio della stagione, lui veniva dal college, un mondo molto diverso dal nostro. Poi aveva legato molto con noi nella seconda parte del campionato».

Sappiamo che non hai più il cane con te a Trento e possiamo immaginare il perché, ti manca molto?
«Mi manca molto, ma essendo a Bologna riesco a vederla quando voglio, o scendo o salgono i miei a portarmela».
 
Abbiamo terminato, cosa vuoi dirci per chiudere l’intervista?
«Saluto tutti i lettori di SporTrentino.it, invito tutti a venirci a vedere e a tifare per noi contro Venezia e già che ci sono vorrei anche fare un grosso augurio di un buon Natale». 

Autore
Sandro Botto
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