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Domani l'ultima partita di Anna Consolati, la nostra intervista

Quella di domani a Trieste sarà una gara speciale per la Cestistica Rivana e soprattutto per Anna Consolati. Non tanto per la posta in palio, dato che la corsa verso i playoff delle gardesane può dirsi conclusa, quanto perché si tratterà dell'ultima partita ufficiale disputata in carriera dalla giocatrice trentina, che della società biancorossa è stata una bandiera.
Classe 1979, Anna ha raggiunto i vertici più alti della propria carriera indossando la maglia di Treviglio e di Broni in A2, ma è sempre rimasta legatissima al club gardesano, tanto che oggi ne è anche presidente. E questo è proprio il ruolo nel quale si impegnerà con abnegazione da domani in poi.

Anna Consolati in azione qualche stagione fa
Anna Consolati in azione qualche stagione fa

A dicembre, in una intervista ad un quotidiano locale, avevi dichiarato che vedevi ancora lontano il momento in cui avresti appeso le scarpe al chiodo, in realtà pochi mesi dopo ha preso la decisione di smettere, cosa è cambiato da allora?
«Di sicuro non è venuta meno la voglia di giocare – spiega – che è ancora grandissima, ma purtroppo quando si ha una famiglia con dei bambini, si lavora e si ha un incarico dirigenziale nella società ad un certo punto bisogna fare delle scelte. Poiché prima o poi il ruolo di atleta avrei comunque dovuto abbandonarlo, ho pensato di compiere questo passo al termine della stagione, è stata una scelta razionale, perché se avessi dovuto seguire il cuore sarei pronta a ricominciare».
Quali sono stati i momenti più felici della tua carriera sotto canestro?
«Al primi posto metterei quelli legati ai primi anni di attività, quando fui scelta per partecipare ai ritiri della nazionale under-16. Mia mamma veniva a prendermi a scuola tenendo in mano il telegramma della federazione che mi comunicava la convocazione e per me era incredibile potermi mescolare alle atlete dei migliori settori giovanili italiani. Poi ricordo con gioia anche le tre stagioni in cui ho indossato la maglia di Broni, in A2, ma non ho mai voluto dedicarmi unicamente al basket, perché sapevo bene che non sarebbe mai potuto diventare una vera professione. Nel nostro mondo gli stupendi non sono certo quelli dei calciatori e quindi è bene costruirsi da subito un futuro nel mondo nel lavoro».
Tracciamo un bilancio del campionato che si sta concludendo. L'avvio difficile vi ha un po' condizionato...
«Nelle prime partite eravamo abbastanza spaesate, perché abbiamo inserito tante giocatrici giovani e i meccanismi di gioco non si costruiscono in pochi giorni. Oltretutto siamo stati penalizzati dal fatto che il campionato di serie B, che in realtà è una A3 nazionale, è cominciato molto presto e questo ha sottratto tempo alla preparazione. Ad ogni modo il sesto posto finale non è certo da buttare, soprattutto se paragonato con il campionato precedente. I playoff sarebbero stata la ciliegina sulla torta, ma la promozione non era certo fra i nostri obiettivi. E non lo sarà nemmeno nella prossima stagione».
Guardiamo avanti allora. Che obiettivi vi porrete nel prossimo torneo?
«Il primo è consolidare questo gruppo e rafforzarlo con qualche rientro, penso a Ilaria Fadanelli, e qualche innesto dal settore settore giovanile. Nella squadra under-18 ci sono alcune ragazze del 2000 interessanti, a partire da Camilla Betta, che possono già cominciare ad “assaggiare” la serie B e per il futuro vedo bene alcune giovani del 2001 e tante del 2002, tutte inserire nella nostra under-16, che in tre o quattro anni possono arrivare in prima squadra. Da punto di vista societario stiamo cercando di costruire una collaborazione con la Virtus Riva per muoverci insieme nella fase di reclutamento dei ragazzi e anche per organizzare qualche evento promozionale. Il basket trentino sta vivendo un bel momento grazie all'Aquila Basket e noi dovremmo cercare di sfruttare il traino della serie A».
Se poi dovesse arrivare anche il nuovo palazzetto dello sport, potrebbe dare un ulteriore impulso all'attività...
«Lo aspettiamo da un decennio e mi pare che finalmente stiamo arrivando al dunque, ma purtroppo la struttura che verrà costruita potrà contenere un solo campo di gioco, invece che due come tante società auspicavano, e quindi non risolverà in alcun modo il sovraffollamento che esiste oggi. Se gli esorbitanti costi di gestione dell'attuale PalaGarda, che si fatto è un tendone da circo, fossero stati dirottati sulla nuova struttura, oggi potremo disporre di un palasport più grande di quello che verrà realizzato».
Per chiudere una domanda secca: fra la giocatrice, la presidentessa e la mamma, qual è il ruolo più complicato?
«Senza dubbio la mamma. Giocare è puro divertimento, a fare il presidente sto imparando ora».

Autore
Andrea Cobbe
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